Riflessioni sul mercato veterinario
Si sente spesso dire che la “Pet
Economy” è in crescita nonostante la crisi, che il settore degli animali da
compagnia è in espansione, ma vediamo nello specifico cosa significa.
La “Pet Economy” è in realtà composta
da più segmenti come il pet food, integratori, i farmaci, toelettatura, strutture
veterinarie, ecc.
Concentrandoci sul settore
veterinario non vediamo grossi cambiamenti, per lo meno negli ultimi anni. Di
sicuro cresce la sensibilità verso i propri animali, ma il mercato veterinario
in sé non ha subito grosse variazioni. La novità più importante sono le “reti
di cliniche” che da qualche anno sta interessando anche l’Italia.
Sappiamo che più dell’ottanta per
cento delle strutture veterinarie in Italia è rappresentato dal piccolo ambulatorio,
le cliniche sono circa un migliaio e ad oggi (luglio 2022) le strutture facenti
parte delle suddette reti non arrivano a cento. Su più di settemila strutture il
mercato veterinario è ancora orientato verso la piccola o medio-piccola
struttura.
Perché questa stagnazione? Perché
il mercato del pet cresce mentre il settore veterinario, nello specifico, è
piuttosto statico?
La risposta potrebbe essere nell’assenza
di un mercato assicurativo del pet. Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un
aumento dell’offerta di servizi assicurativi, le stesse reti di cliniche stanno
“spingendo” verso questa direzione. Che possa piacere o meno, se ci fosse un
forte mercato assicurativo, le strutture veterinarie potrebbero standardizzare
il proprio lavoro, lavorare con meno preoccupazioni, rispettare dei protocolli,
etc.
Il problema è che le
assicurazioni non si stanno diffondendo come dovrebbero, in quanto coprono solo
incidente e malattia del pet. Normale, potrebbe pensare qualcuno. No, se si guarda al mercato assicurativo
umano dove la sanità umana è sempre in anticipo su quella veterinaria.
Le assicurazioni in umana hanno
diversi pacchetti, ma di fondo coprono la medicina generale, quella di urgenza,
la diagnostica, il ricovero, sedute psicologiche, etc. Tradotto per il settore
veterinario cosa significa?
Che le assicurazioni dovrebbero
offrire dei pacchetti che includano tutto o quasi tutto, ovvero l’infortunio e
la malattia, ma anche e forse soprattutto le attività ordinarie che sono poi
quelle più frequenti. Nelle attività ordinarie includiamo le visite generali e
quelle specialistiche, la diagnostica per la prevenzione (non solo a fronte di una
malattia accertata o di un incidente). Le attività ordinarie sono anche quelle
di prevenzione, come l’ablazione del tartaro o diete e così via. È ovvio che il costo delle assicurazioni non
potrà essere quello che si vede oggi per malattia e infortuni, ma il proprietario
del pet avrebbe il vantaggio di quantificare in modo certo - o quasi - il costo
della salute del suo pet, diversificato per livelli di “attenzione sanitaria”
che si vuol avere.
I più attenti avranno notato che
quanto detto non è una classica assicurazione basata sul rischio futuro, ma è un’assicurazione
più una serie di servizi che potremmo definire medicina ordinaria o preventiva.
L’assicurazione pura e dura si basa su un concetto di rischio futuro, che un
evento dannoso possa accadere in futuro, mentre le suddette attività ordinarie
saranno certamente o probabilmente utilizzate dal cliente se presenti nel
pacchetto.
Per concretizzare quanto detto le
cliniche dovrebbero essere convenzionate con le assicurazioni (in umana
funziona così) che pagherebbero direttamente le strutture veterinarie. È vero
che il prezzo nominale di una prestazione, ad esempio una visita, sarebbe più
basso (per la struttura veterinaria), ma è anche vero che se a seguito di una
visita fosse utile effettuare una diagnostica – o altro – questo verrebbe effettuata
senza la necessità di dover “vendere” al cliente nulla. Cioè il veterinario
potrebbe lavorare meglio con la certezza di essere pagato e questo ha un grande
valore.
Quanto riportato non è un’ipotesi,
non è la speculazione di qualcuno, ma è ciò che già accade nel settore
assicurativo umano. Le assicurazioni sanitarie umane, magari quelle più
costose, coprono anche una parte delle spese di chirurgia estetica, non si
limitano cioè all’infortunio o alla malattia.
Il proprietario del pet non
sottoscrive un’assicurazione per risparmiare, ma per avere un servizio migliore
ad un costo definito, il cliente che voglia risparmiare sempre e comunque non
rientra in questa casistica ed è un tipo di cliente sul quale non è possibile
costruire un mercato.
Questo è, a nostro avviso, la
direzione che prenderà il mercato e che permetterà un vero cambiamento nella
veterinaria.
