Abbiamo davvero bisogno dell'intelligenza artificiale?

Smart Vet Staff · 28/10/2025
Automazione e Intelligenza Artificiale: comprendere la differenza per innovare davvero

Negli ultimi anni si parla ovunque di intelligenza artificiale. È diventata la parola chiave di ogni convegno, la promessa di ogni startup, la soluzione miracolosa che sembra in grado di risolvere qualsiasi problema. Tuttavia, nel clamore che circonda l’IA, spesso si perde di vista un concetto più semplice, ma altrettanto rivoluzionario: l’automazione.

L’intelligenza artificiale, infatti, non è altro che una forma avanzata di automazione. Un’automazione “intelligente”, certo, capace di adattarsi, apprendere dai dati e prendere decisioni in autonomia. Ma, in fondo, lo scopo rimane lo stesso: liberare l’uomo da compiti ripetitivi o complessi, aumentando l’efficienza dei processi. La differenza sta nel grado di autonomia.

Un tool tradizionale, esegue una serie di istruzioni predefinite. È prevedibile, rigido, ma anche affidabile e controllabile. L’intelligenza artificiale, invece, si comporta come un agente dinamico: riceve dati, elabora ipotesi, apprende dai risultati e migliora nel tempo. È in grado di risolvere problemi complessi, riconoscere pattern nascosti e proporre soluzioni innovative. È una tecnologia straordinaria, che segna una nuova fase dello sviluppo tecnologico.

Tuttavia, il rischio è di confondere la complessità con il progresso. In molti casi, soprattutto in ambito veterinario, si tende oggi a parlare di IA anche quando basterebbe una buona soluzione di automazione “classica”. L’intelligenza artificiale non deve essere vista come la panacea universale, ma come un gradino successivo di un percorso che parte sempre dallo stesso punto: la capacità di automatizzare.

Automatizzare significa prima di tutto razionalizzare i processi. Significa osservare il flusso di lavoro, identificare le operazioni ripetitive, le ridondanze, gli errori umani, e sostituirli con procedure automatiche. Spesso bastano strumenti semplici: un gestionale ben configurato, un sistema di notifiche automatiche, un archivio digitale intelligente. Non serve per forza un angente IA.

Nel contesto veterinario, ad esempio, l’automazione può tradursi in una gestione più efficiente degli appuntamenti, nel monitoraggio automatico dei pazienti ricoverati, nella generazione di report clinici o nella gestione delle scorte di farmaci. Tutti processi che possono essere ottimizzati anche senza ricorrere a un’IA “generale”.

Questo non significa rifiutare l’intelligenza artificiale, anzi, laddove essa amplifica l’automazione, rendendola più adattiva e personalizzata, è giusto accoglierla con entusiasmo. Ma la priorità rimane sempre la stessa: migliorare la qualità del lavoro, ridurre gli sprechi, e restituire tempo e attenzione ai professionisti, cioè alle persone.

In definitiva, l’automazione è la radice, l’IA il suo frutto più evoluto. Prima di inseguire la tecnologia più sofisticata, dovremmo assicurarci di aver compreso — e applicato — fino in fondo la logica dell’automazione. Solo così potremo sfruttare davvero il potenziale dell’intelligenza artificiale, evitando che resti una moda, e facendola diventare, invece, uno strumento di progresso consapevole e concreto.


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